Junagadh è la città più polverosa e inquinata visitata ad oggi, o almeno io ho avuto questa impressione.
Robe che se esci 10 minuti a passeggiare ti si formano delle caccole nere nel naso che nemmeno dopo un concerto dei Metallica in mezzo al logo selvaggio, in un piazzale di terra battuta.
Potrei riprendere a parlare di quanto l'India sia inquinata, di come i tassi di mortalità infantile dovute a pm10 siano altissimi, di come dovrebbe interessare anche a noi questo problema visto che l'inquinamento non conosce barriere e stupidi confini statali tracciati sulla carta, ma non lo farò. Non oggi. È stancante.
La consapevolezza di avere un solo pianeta con risorse limitate e che senza i servizi ambientali non c'è sviluppo che tenga, è questo che mi ha spinto a laurearmi in Scienze Ambientali.
La consapevolezza che tanto la gente non ascolta, perché sapere che tutti i nostri gesti quotidiani a cui siamo abituati hanno un impatto, che il cambiare abitudini è faticoso ed è più semplice continuare a comperare, pompare le vendite e chiudere gli occhi, e far finta che non ci stiamo scavando la fossa da soli, beh questo è quello che mi ha fatto smettere per ora di combattere. A volte mi sembra tanto una storia da Don Chisciotte della Mancia, senza mulini e con un finale più disastroso.
Comunque facendo finta di eliminare con una spugna magica la polvere e lo smog e la spazzatura, la città rimane molto molto carina.
Tra le viuzze centrali del bazar sorgono innumerevoli palazzi di stile arabeggiante, molti dei quali disabitati, e le loro facciate ricoperte da erba colore del sole, intervallate da venditori di stoffe e pubblicità semioccidentali, creano un particolare scenario. Junagadh possiede anche un bel forte antico, che con le mura circonda pozzi di raccolta acqua, templi, cave intagliate e boschetti. Un bel posto dove rilassarsi, ricamare, ascoltare musica nel caldo del primo pomeriggio.
- Inciso, tanto per rimarcare l'idea: siamo davanti al forte. Sto bevendo un succo. Lo finisco e con il tetrapak in mano mi guardo in giro in cerca di un bidone. Si avvicina un indiano e mi dice a gesti di buttarlo dietro un muro, dove si intravede un giardino. Il mio sguardo di risposta è allibito. Scuoto la testa. Lui insiste e mi dice "dustbin, bin!". A sto punto perdo la testa e rispondo "is not a bin is a garden! Poor India that will die cover with your rubbish!". La questione è seria perché estremamente radicata. Come l'idea che il PIL sia l'unico indicatore di progresso. -
Uno dei fiori all'occhiello della città é una moschea con dei particolari minareti slanciati, avvolti a spirale da scale a chiocciola, che risaltano come guglie tra la luce del tramonto.
- Secondo piccolo inciso di carattere personale: mi dispiace ma non riesco a vedere di buon occhio e tollerare, come donna e persona, una religione che impone la copertura totale o meno della donna. Non si tratta di scelte personali e non venitemi a dire che la donna ha scelto consapevolmente. Consapevole di cosa che non ci sono alternative, che nessuno le ha mai raccontato cosa succede nel mondo, che devono sposarsi a 20 anni e passano dallo stare sotto un padre ad un marito? E non si tratta di fede, questa è manipolazione delle menti per poter controllare un'altro essere umano. Nessuna fede, nessuna religione, nessun Dio e nessun uomo degno di questo nome può volere ciò. -
Ma il motivo principale che ci ha portato in questa città è aver accettato la sfida di arrampicarci su Girnar Hill, la montagna più alta del Gujarat, arrancando su 10.000 scalini tondi tondi!
La partenza è fissata per le 7 dalla base della montagna, perché tutti quelli con cui abbiamo parlato ci hanno prefigurato ore e ore di estrema fatica e sofferenza.
Ora senza essere esagerati, ma in due ore secche di orologio siamo in cima e senza aver sudato particolarmente. Il fatto è che gli indiani e lo sport sono due rette che scorrono parallele, senza tangersi. Il massimo dello sforzo è il cricket (avete mai visto quanto si muovono a giocare a cricket? Tipo una corsetta modalità "diarrea leggera per arrivare al bagno").
L'ascesa è bellissima. La ricorrenza tra i vari posti spirituali nel mondo e le altitudini pone la sua base nel fatto che tutti noi sentiamo l'attrazione verso il cielo. Questa voglia di salire è voglia di libertà, è desiderio di lasciare i pensieri terreni alle spalle e buttare l'occhio verso gli orizzonti.
Gradino dopo gradino, il ritmo dei passi, un ritmo che accompagna la preghiera o la mediazione. E l'arrivo in cima ci riempie di un orgoglio molto più grande di quello che potremmo godere dallo stesso sforzo fatto orizzontalmente. Perché noi siamo su, vicini a un Dio se ci crediamo, dove le energie sono più pure, dove tutto il flusso di negatività non riesce, o fatica, ad arrivare.
Mi ha fatto tornare in mente perché ho amato alla follia l'alpinismo, perché sopportavo di alzarmi prestissimo, camminare ore con zaini dal peso improponibile, finire imbragata su pareti pericolose, sudare su ghiacciai infiniti.
Mi manca, la montagna mi manca è sarà sempre un pezzo del mio cuore.
Oggi come non mai penso al mio amato Trentino.
GALLERIA fotografica
Robe che se esci 10 minuti a passeggiare ti si formano delle caccole nere nel naso che nemmeno dopo un concerto dei Metallica in mezzo al logo selvaggio, in un piazzale di terra battuta.
Potrei riprendere a parlare di quanto l'India sia inquinata, di come i tassi di mortalità infantile dovute a pm10 siano altissimi, di come dovrebbe interessare anche a noi questo problema visto che l'inquinamento non conosce barriere e stupidi confini statali tracciati sulla carta, ma non lo farò. Non oggi. È stancante.
La consapevolezza di avere un solo pianeta con risorse limitate e che senza i servizi ambientali non c'è sviluppo che tenga, è questo che mi ha spinto a laurearmi in Scienze Ambientali.
La consapevolezza che tanto la gente non ascolta, perché sapere che tutti i nostri gesti quotidiani a cui siamo abituati hanno un impatto, che il cambiare abitudini è faticoso ed è più semplice continuare a comperare, pompare le vendite e chiudere gli occhi, e far finta che non ci stiamo scavando la fossa da soli, beh questo è quello che mi ha fatto smettere per ora di combattere. A volte mi sembra tanto una storia da Don Chisciotte della Mancia, senza mulini e con un finale più disastroso.
Comunque facendo finta di eliminare con una spugna magica la polvere e lo smog e la spazzatura, la città rimane molto molto carina.
Tra le viuzze centrali del bazar sorgono innumerevoli palazzi di stile arabeggiante, molti dei quali disabitati, e le loro facciate ricoperte da erba colore del sole, intervallate da venditori di stoffe e pubblicità semioccidentali, creano un particolare scenario. Junagadh possiede anche un bel forte antico, che con le mura circonda pozzi di raccolta acqua, templi, cave intagliate e boschetti. Un bel posto dove rilassarsi, ricamare, ascoltare musica nel caldo del primo pomeriggio.
Uno dei fiori all'occhiello della città é una moschea con dei particolari minareti slanciati, avvolti a spirale da scale a chiocciola, che risaltano come guglie tra la luce del tramonto.
Ma il motivo principale che ci ha portato in questa città è aver accettato la sfida di arrampicarci su Girnar Hill, la montagna più alta del Gujarat, arrancando su 10.000 scalini tondi tondi!
La partenza è fissata per le 7 dalla base della montagna, perché tutti quelli con cui abbiamo parlato ci hanno prefigurato ore e ore di estrema fatica e sofferenza.
Ora senza essere esagerati, ma in due ore secche di orologio siamo in cima e senza aver sudato particolarmente. Il fatto è che gli indiani e lo sport sono due rette che scorrono parallele, senza tangersi. Il massimo dello sforzo è il cricket (avete mai visto quanto si muovono a giocare a cricket? Tipo una corsetta modalità "diarrea leggera per arrivare al bagno").
L'ascesa è bellissima. La ricorrenza tra i vari posti spirituali nel mondo e le altitudini pone la sua base nel fatto che tutti noi sentiamo l'attrazione verso il cielo. Questa voglia di salire è voglia di libertà, è desiderio di lasciare i pensieri terreni alle spalle e buttare l'occhio verso gli orizzonti.
Gradino dopo gradino, il ritmo dei passi, un ritmo che accompagna la preghiera o la mediazione. E l'arrivo in cima ci riempie di un orgoglio molto più grande di quello che potremmo godere dallo stesso sforzo fatto orizzontalmente. Perché noi siamo su, vicini a un Dio se ci crediamo, dove le energie sono più pure, dove tutto il flusso di negatività non riesce, o fatica, ad arrivare.
Mi ha fatto tornare in mente perché ho amato alla follia l'alpinismo, perché sopportavo di alzarmi prestissimo, camminare ore con zaini dal peso improponibile, finire imbragata su pareti pericolose, sudare su ghiacciai infiniti.
Mi manca, la montagna mi manca è sarà sempre un pezzo del mio cuore.
Oggi come non mai penso al mio amato Trentino.
GALLERIA fotografica
Ciao Martina, procede tutto bene? Noi qui siamo in attesa di nuovi
RispondiEliminareportage per partecipare da lontano al tuo bellissimo viaggio. Un caro saluto e abbraccio, Rita