20 gennaio - On the road again
Da rosa ad azzuro il passo è facile: quasi trecento km, 8 ore e mezza e un bus super scassato.
Abbiamo passato città, paesi e paesini, abbiamo visto salire e scendere donne dai sari colorati, bambini vestiti con tute di pile mentre il termometro segna 30°C, vecchi col coloratissimo turbante tipico del Rajasthan, un cieco con bastone, persone sporce e stracce, ragazzi in jeans e occhiali a specchio... ma pare che gli unici a farsi tutta la tratta siam stati noi. Only the brave or the fool!
Finalmente, stanchi, puzzolenti e con il sedere ormai a forma del poco ergonomico seggiolino, arriviamo a Jodphur, la città azzurra.
Ed è veramente azzurra, di un color cielo, quello che ti fa venire voglia di atolli, di respirare l'aria frizzante delle mattinate in montagna di inverno, di gelato gusto puffo.
Il colore è associato al quartiere detto Braumphur, la città dei bramini. È questo il loro colore, la tintura con cui solo i bramini un tempo potevano dipingersi le case: indaco. È rinfrescante in estate e repellente per gli insetti!
Ora tutti posso avere casa azzura e contribuire a mantenere il suggestivo paesaggio urbano.
* piccolo aneddoto karmico*
In stazione, appena scesi dal bus, leggermente provati, respingiamo con freddezza un tipo che si offre di portarci in una Guest House, dicendo la classica bugia che avevamo già la camera (non pensate male, ma davvero gli indiani sanno essere stressanti coi turisti).
Poco dopo saliamo su un tuk tuk diretto in centro e con il guidatore riusciamo a contrattare un buon prezzo per una stanza. Il karma vuole che sia proprio la Guest House del tizio che avevamo malamente allontanato in stazione. Lui ce lo fa notare. Mi sento sprofondare! Per fortuna sorridendo ci dice che capisce che i turisti siano stufi dell'insistenza indiana!
Sii sempre gentile con il tuo prossimo: il modo con cui vieni trattato fa parte del percorso altrui, come rispondi del tuo.
*fine*
Il tempo di lavarci, mangiare e crolliamo gia a letto.
21 gennaio - Rao Jodha Park
Ve lo dico e lo premetto, qui parlerò di natura e soprattutto piante. Non si riesce a togliermi dal cuore la botanica, anche se ci hanno provato, ma serenamente io dico no!
Leggendo qua e la scopro che vicino al forte della città hanno riqualificato 72 ha di parco, ripristinando e valorizzando l'ambiente desertico. Non posso non scondinzolare e inizio a pregare R., che grazie al cielo ha una immensa passione per le piante e la natura e accetta di buon grado di spendere quasi tutto il giorno tra rocce, piante e uccelli!
Passiamo un bel po' di ore a gironzolare da soli, ma la cosa più bella è la visita guidata delle 4.30 pm con una guida preparatissima e davvero simpatica!
Il parco nasce nel 2005 per riforestare con specie alloctone 72h di suolo desertico infestato da
Prosopis juliflora, in lingua locale baavlia. Questa pianta fu importata nel 1929 dal messico per ordine dal marajha dell'epoca. L'intento era quello di creare ombra, rinfrescare e far crescere legname da costruzione in queste terre cosí aride. Come succede spesso con specie che arrivano da altri continenti, ecco che la baavlia diventa invasiva, rubando lo spazio per le specie invece autoctone e tipiche della ragione del Marwar.
Eradicarla (lasciare delle radici nel terreno significa lasciare poere vegetativo alla piabta, che riesce a ricrescere) è lungo lavoro, che consiste nel spaccare le pietre sottostanti dove l'arbusto infila le lunghe radici, ed è fatto a mano da uomini e donne. Nella buca creata, che già contiene un po' di suolo fertile e piccole riserve idriche, dono dell'ospite precedente, vengono ripiantumate circa 250 specie. Le nuove piantine vengono fatte nascere in una nursery grazie a semi che arrivano dai villaggi nel deserto.
Curiosità random:
- sulle mura cittadine che circondano il parco, si trovano dei buchi, creati per ospitare nidi di uccelli. Questi erano un sistema di allarme notturno: se qualcuno avesse cercato di arrampicarsi o camminare sulle mura, le vibrazioni avrebbero svegliato gli uccelli che cantando avrebberp così allertato le guardie!
- cotton of the desert (
Aerva javanica) viene utilizzato per creare piccoli cuscini per gli infanti
- Arabic tree (
Acacia senegal) il lattice veniva e viene usato per creare sia i bracciali portati dalle donne di tutto il Rajasthan, che dolcetti chiamti Gond ka ladoo, preparati dalla mamma delle puerpere come buon auspicio e per riprendere le forze!
- Thhor (
Euphorbia caducifolia) cresce solo 3-5 cm all'anno, ma alcune di loro sono secolari! Al loro internk si crea ombra, umidità e una nicchia ecologica.
- da un punto panoramico vediamo un laghetto, circondato da altre mura. Serviva per l'approvvigionamento idrico del solo marajha e famiglia stretta. Veniva sorvegliato e protetto affinché nessuno lo avvelenasse!
- l'uccello Red Wettle Wings nidifica al suolo. Può deporre 1 solo uovo vicino all'acqua, questo significa che la prossima stagione delle piogge sarà scarsa e ci sarà poco cibo. Se invece ne depone 4 in collina allora le piogge saranno abjondanti. La cosa favolosa è che le depobe sei mesi prima dei monsoni e la sua prcisione è del 100% (dice la guida).
Lo so che ho il cuore verde. Ma questa è stata la giornata fin'ora che mi ha riempito di più di pace e serenità!
22 gennaio - Le scimmie e i selfie
I Madhera Garden, sono dei giardini adibiti a gigantesco bidone della spazzatura, dove spuntano meravigliosi cenotafi, vecchi templi su delle colline e un piccolo forte.
*digressione #1*
Uno dei problemi piu seri dell'india moderna è la spazzatura, la plastica e la carta. Sono ovunque, a mucchi, sparpagliati a pioggia, nei vicoli scuri, davanti agli hotel di lusso e nei posti protetti dalla sovraintendenza archeologica, negli stagni e perfino sugli alberi.
Scopriamo per fortuna, che molte persone iniziano a rendersi conto di avere un patrimonio culturale da valorizzare e persino sulle banconote da 100 rupie c'è il simbolo della campagna "cleen india". Incrociamo le dita, perché se ognuno di loro (1,3 miliardi) getta anche solo una bottiglia al giorno per terra...
*fine digressione*
Passiamo il giorno, caldissimo, a destreggiarci tra selfie con gli indiani e scimmie. È domenica. Sono in gita, sono tanti e rilassati. Le scimmie lo sono sempre anche quando non è domenica.
La possibilità di avere una foto con noi è l'evento della giornata, per gli indiani, le scimmi invece sembrano non apprezzare le macchine fotografiche e mostrano i denti.
Ora però inizio a trattare: ok, un selfie a voi e uno per me. Inizia cosi la mia fantasmagorica collezione di "selfie con i locals", che spero nel tempo diverrà cospicua e preziosa!
Qui la raccolta.
La rilassante domenica finisce con un giretto al meraviglioso bazar di Jodhpur.
23 gennaio -
Mehrangarh fort
Stamattina io e Roberto ci dividiamo per un po' perché io voglio visitare il forte, che lui ha gia visto qualche anno addietro.
Con il biglietto d'ingresso ricevo una piacevole audioguida, che mi farà compagnia e allo stesso tempo mi darà una bella scusa per non dover rispondere ogni due secondi ai tipici "hallo where you from? (senza are)/where are you? (senza verbo specifico)/where husband? (ho 30 anni e son da sola, per loro inconcepibile)".
Spreco due righe per trascrivere un paio di cose che mi hanno colpito:
- salendo si trova incassata nel muro una lapide memoriale di un signore, che, all'epoca della costruzione, si è fatto murare dentro vivo per scongiurare una maledizione che prevedeva che il forte sarebbe stato per sempre con penuria di acqua.
- il portone di ferro principale si trova dopo una svolta a gomito nella strada d'accesso. Questo era pensato per evitare che gli elefanti potessero prendere la rincorsa per la carica.
- Padam (ndr spelling a mia discrezione) è un figurante del forte, che interpreta un utilizzatore d'oppio. Questo ai tempi non veniva fumato, ma schiacciato in un mortaio, fatto un infuso, filtrato e bevuto.
La nostra conversazione con il suo inglese da 10 parole è riuscita a durare un buon 20 minuti, mentre Padam allontanava tutti gli altri turisti e teneva solo me li vicino a lui.
- nella stanza dove sono conservati i palanchini per trasporto dei marajha e consorti (una specie di lettighe, caricate sulle spalle di 4 uomini) se ne trova uno usato nel 1929 dalla moglie del marajha in visita a The Queen. La cultura marwali non prevedeva che le donne potessero essere viste, quindi nessuno la poté ammirare durante il tragitto . Senonché, scendendo da questo palanchino si scoprì un pezzo di caviglia, subito immortalata dalla stampa. Il marajha fece acquistare tutte le copie di tutti i giornali in modo che non arrivasse mai questo scandalosa fotografia in India!
- chic: cosí si chiamano delle specie di meravigliose tendine fatte con asticelle di bambù finemente decorate a motivi floreali. I decori non son dipinti, bensì creati con fili colorati arrotolati. Quando il caldo dell'estate indiana non lasciava tregua, venivano immersi in acqua e profumi di modo che l'aria, passandoci attraverso, potesse rinfrescare e profumare l'aria, oltre ovviamente a nascondere le donne!
*digressione #2*
Dannate donne, che per colpa loro, delle loro caviglie e pezzi di braccia nude, inducono i poveri uomini innocenti a gettare sguardi lascivi!
Quando gli uomini ammetteranno di averci oppresse da sempre per il timore (perché da sempre le donne hanno un forte potere, una forte energia vitale, proprio per la capacità di portare la vita) forse il mondo sarà migliore.
Quando le donne ammetteranno di essersi da sempre lasciate opprimere per timore (perché da sempre l'uomo è più forte fisicamente) e quando inizieranno a guardarsi e trattarsi con la dignità che meritano, senza dover/voler mostrare le tette per farsi notare e piacere, forse il mondo sarà migliore.
*fine digressione*
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